Piersandro Coelli (Arona, 1947)
Se fossi un musicista scriverei un romanzo
se fossi uno scrittore scriverei una sinfonia.
Se invece fossi un filosofo racconterei barzellette,
mentre se fossi un umorista leggerei Heidegger.
Se poi fossi un santo, di quelli con l’aureola, commetterei peccati
e se fossi un geometra alleverei cavalli.
Naturalmente se fossi un bookmaker costruirei villette a schiera,
ma se fossi un peccatore mi guadagnerei il paradiso.
Comunque: se fossi un critico d’arte me ne starei in silenzio
(Dio mio, cosa ho scritto!)
Però sono solamente un uomo e non so fare altro
che colorare la vita con il celeste della sabbia.
Per favore, lasciatemelo fare perchè domani forse sarà tutto buio. (P.Coelli)
«Quando si è concretizzata la prospettiva di fare una copertina per ItaliaImballaggio, per un po’ di giorni mi sono lambiccato sul come, arrampicato sull’”in che
modo”. E non riuscivo a venire a capo del rebus cerebrale che si ingigantiva nella mia mente. Poi una sera mi sono seduto al mio tavolaccio con pennelli, matite, pennarelli. E la mano andava da
sola, i colori li acchiappavo.
Perché non bisogna pensare prima di fare un quadro, si pensa mentre lo si fa. E così questa cosa che ho dipinto è venuta da sola, come devono nascere tutti i
quadri. Venuta bene, venuta male?
Non lo so. È fatta da me. E, qualcuno, questo “me” lo apprezza, almeno spero, come le Gallerie con cui ho rapporti continuativi: Schubert a Milano, soprattutto, e
poi lo Studio Virando di Torino, Artetadino6 a Milano e Artestudio sempre nella mia città. Ma dalla mia città mi sono allontanato con una cinquantina di personali negli ultimi dieci anni:
chilometri verso Chicago, Barcellona, Londra, Roma, Genova… No, mi fermo: sto scivolando nella vanagloria di un curriculum. Mi sto costruendo un piedistallo. E ne ho vista di gente che dai
piedestalli è caduta. Quindi, per non sbucciarmi le ginocchia, io me ne sto a dipingere nel mio studio a pianterreno. E se a qualcuno i miei quadri piacciono, non voglio sia perché prendo
l’ascensore per il sesto o ventiduesimo piano. Lì, magari qualche volta, mi ci hanno messo i critici, citandomi in qualche rubrica».
Una lettera di Piersandro Coelli
foto www.schubert.it